Giovanni Iovacchini - Appunti (sparsi) di viaggio | Agosto 2021
Un uomo inginocchiato su una striscia pavimentata e in fondo la cattedrale di Fatima, sembra la negazione dell’aforisma di Karl Marx (La strada per l’inferno è lastricata - di buone intenzioni). Qui è lastricata la strada verso il paradiso, o almeno così deve pensare l’uomo. Una chiesa senza soffitto, in Portogallo, con la maestosità delle colonne e delle navate, ancora più evidente al cospetto del cielo, suggerisce quasi un collegamento tra il cielo e il sacro. Una nuvola sul campanile di Matera che disegna un’aureola: una sorta di metereologica santificazione.
E poi volti, caravaggeschi, duri, forti, brutti, ma allo stesso tempo meravigliosamente veri, belli, santi come la bambina dagli occhioni scuri in braccio alla madre, un po’ sfocata. E ancora le immagini di povertà, miseria inimmaginabile, nel nostro ricco e scontento occidente, in Georgia, in Armenia. Eppure, eppure, eppure quei volti segnati dalle rughe, dalle cicatrici reali e psicologiche, trasmettono gioia, felicità, serenità, pur nel fango, nella scarsità degli oggetti, nella limitatezza dei valori materiali, nell’insufficienza dei beni (o meglio, di quelli che noi occidentali, ricchi e sempre scontenti, riteniamo tali). Sono gli Appunti sparsi di viaggio di Giovanni Iovacchini che, non casualmente, sottotitola la raccolta di immagini qui presentate come una parte di ciò che ho trovato sulla mia strada. E sulla strada di Iovacchini c’è il suo occhio meccanico, la sua macchina fotografica a registrare momenti, sensazioni, profumi, colori, incontrati in mezzo mondo, dall’Italia, dal suo Abruzzo, al Portogallo, dalla Georgia e dall’Armenia alla Sicilia, fino alla capitale mondiale, quella New York tanto lontana dagli Stati Uniti e dall’immaginario collettivo a cui appartiene. Non ama le didascalie, Iovacchini, preferisce che a suggerire reazioni a chi guarda le sue foto siano i soggetti inquadrati e il vissuto, il sapere, le esperienze di chi è dall’altra parte del vetro, come fosse lì, in quel momento, a riprendere con lui. Una scelta non sempre condivisibile ma da rispettare soprattutto se il risultato è questo. Uno sguardo sul mondo che fa capire che tanto diversi non siamo, anzi siamo proprio uguali, tutti. Ovunque viviamo, da ovunque proveniamo, il senso alla vita lo diamo noi. E guardando il vecchio al fianco di una similFiat con il cofano alzato, la donna che ride soddisfatta anche senza i due incisivi superiori ma con uno strepitoso cappello di paglia, i bambini che giocano allegri tra lamiere di eternit o con la faccia sporca di terra, non di cioccolata, siamo sicuri di essere noi quelli felici? Paolo Di Vincenzo |
C O N T A T T I